Rinegoziare un affitto commerciale? Ecco alcuni consigli utili

Ecco tutti i modi per ribilanciare gli equilibri del contratto di locazione evitando risoluzione e scioglimento.

La rinegoziazione nasce da un’ interpretazione matura e positiva del principio di buona fede, lealtà e correttezza, al quale devono essere costantemente conformati i comportamenti dei contraenti. Tali atteggiamenti non sono, infatti, richiesti in modo esclusivo nella prima fase contrattuale, ossia quella della trattativa, ma devono persistere durante tutto il tempo dell’esecuzione, cioè della durata del contratto. Questo principio è ancora più valido quando parliamo di un contratto ad esecuzione continuata , ovvero un contratto stipulato molto tempo prima della sua attuale esecuzione.

Tra questi spicca a pieno titolo il contratto di locazione ad uso commerciale poiché, in un tale accordo, è evidente che nella fase dell’adempimento è obbligatoria la persistenza del medesimo equilibrio posto in essere al momento della stipula contrattuale. Quando questo equilibrio scevra, si incorre nel rischio di inadempimento e di conseguenza di ricorso ai vari rimedi giuridici che portano alla risoluzione negoziale. La rinegoziazione può essere quindi considerata il rimedio per eccellenza nei casi di disallineamento degli equilibri tra le prestazioni, soprattutto quando questi sono manifestati a causa di avvenimenti imprevedibili, straordinari ed estranei ai contraenti.

Facciamo un po’ di chiarezza in materia analizzando:

  • Cosa significa rinegoziare un contratto
  • Tutti i modi per formalizzare la rinegoziazione
  • Disciplina giuridica della rinegoziazione : cosa dice il codice civile
  • La rinegoziazione al tempo della pandemia di Coronavirus

Cosa significa rinegoziare un contratto

La rinegoziazione è la trattativa con la quale si ridiscutono i fatti ratificati e controfirmati in un precedente accordo contrattuale. In sostanza, non si stipula un nuovo accordo ma si interviene esclusivamente su alcune clausole del contratto in essere.

Per esempio, quando si parla di rinegoziare l’affitto commerciale si intende in sostanza cambiare la quantificazione del canone e rimodulare la modalità di pagamento con le relative tempistiche. Le parti si incontrano per rinegoziare il contratto in maniera volontaria e spontanea, affinché possa essere ristabilito l’equilibrio iniziale che è venuto a mancare a causa di un evento imprevisto e straordinario, che può essere imputato come la causa dello sbilanciamento.

Tutti i modi per formalizzare la rinegoziazione

Nella locazione ad uso commerciale i nuovi accordi che costituiscono la rinegoziazione devono essere prodotti sotto forma di scrittura privata, che va ad allegarsi al precedente contratto. A disciplinare il rapporto negoziale saranno, quindi, sia il contratto originario che la nuova scrittura privata. Quest’ultima andrà infatti ad intervenire solo ed esclusivamente su determinate clausole nominate ed espresse. In genere Le clausole prese in considerazione, come detto nel paragrafo precedente, si riferiscono al prezzo del canone e alle modalità e tempistiche di pagamento.

La scrittura privata in oggetto deve essere registrata presso il medesimo ufficio dell’Agenzia delle Entrate dove è stato registrato in origine il contratto primitivo. A differenza della prima registrazione, quest’ultimo caso non è soggetto alla tassa di registro. Il contratto rivisto viene quindi registrato “gratuitamente”, o per meglio dire, nel prezzo della prima registrazione possiamo definire ricompresa anche la eventuale rinegoziazione.

Quando la rinegoziazione segue un cambiamento nel prezzo del canone, il locatore deve ottenere un ricalcolo delle imposte dovute. La nuova tassazione deve essere calcolata in funzione alla cifra rinegoziata e quindi effettivamente riscossa.

Disciplina giuridica della rinegoziazione : cosa dice il codice civile

In genere la rinegoziazione avviene per libera scelta delle parti. Come abbiamo detto prima, la ratio è quella di perseguire i principi di buona fede tra i contraenti. I firmatari scelgono liberamente di non stipulare un nuovo contratto ma di affiancare alcune parti nuove all’ accordo.

La legge dice che in alcuni casi è necessario utilizzare la rinegoziazione per evitare di giungere alla risoluzione del contratto. L’ art. 1464 cc specifica espressamente che nel caso in cui la prestazione diventi impossibile, anche solo parzialmente, il debitore può chiedere una diminuzione del canone.

L’art. 1467 cc invece, si focalizza sulla possibilità di evento imprevedibile e straordinario, sottolineando che la parte alla quale è richiesta una prestazione eccessivamente onerosa può chiedere la risoluzione contrattuale solo se la parte avvantaggiata non propone una modifica contrattuale. Nel rinegoziare l’affitto commerciale, che in pratica nella maggior parte dei casi si traduce nell’abbassare il costo dell’affitto del negozio o dell’ufficio, la richiesta è operata per poter ottenere un bilanciamento degli interessi che ripristina l’equità contrattuale iniziale.

La rinegoziazione al tempo della pandemia di Coronavirus

Per contenere l’epidemia di Covid-19 il Governo italiano e i vari governatori delle regioni hanno dovuto adottare misure straordinarie che hanno prodotto pesanti ripercussioni sulle attività di impresa. Tra i più gravi provvedimenti c’è stata la sospensione di attività professionali, industriali e commerciali imponendo la chiusura per un periodo che alla fine si è rivelato piuttosto lungo in termini di mancato guadagno.

Per agevolare le attività commerciali che hanno subito perdite, il governo ha emanato l’articolo 65 del D.L. 18 marzo 2020, detto Cura Italia, riconoscendo un credito d’imposta del 60% del costo del canone di locazione di negozi e botteghe, ossia di tutti gli immobili che rientrano nella categoria catastale C1. Questa norma ha così di fatto lasciato fuori magazzini, uffici e anche i laboratori degli artigiani. Sempre nel decreto Cura Italia l’articolo 91, con un nuovo comma 6-bis dell’articolo 3 del DM 23 febbraio 2020, ha tutelato il comportamento del debitore durante i mesi pandemici. In sostanza ha imposto ai giudici di non considerare inadempiente il debitore in posizione gravosa a causa della straordinarietà della situazione.

In questa situazione di emergenza, il conduttore può, secondo l’ordinamento giuridico, richiedere lo scioglimento del contratto di affitto commerciale esprimendo il recesso per gravi motivi, secondo l’art.7 della legge 392 del 78, oppure richiedere una risoluzione contrattuale per impossibilità sopravvenuta o eccessiva onerosità sopravvenuta.

La strategia migliore da adottare per entrambe le parti resta comunque l’accordo consensuale. Se il locatore accetta un canone più basso ottiene l’indubbio vantaggio di ricevere sicuramente il denaro.